Assegno unico per i figli in caso di separazione, divorzio o cessazione della convivenza

Spesso ci si chiede a chi spetti l’assegno unico corrisposto per i figli dall’INPS in caso di crisi familiare, ossia nelle ipotesi di separazione, divorzio o cessazione della convivenza di fatto.

La legge prevede che solo in caso di affido esclusivo del figlio ad uno dei due genitori, l’assegno unico venga erogato esclusivamente in favore del genitore affidatario.

Si tratta quindi di un’ipotesi abbastanza rara, posto che nella normalità dei casi viene disposto l’affido congiunto dei figli, con la sola collocazione prevalente presso uno dei due genitori.

L’affido esclusivo, infatti, viene disposto dal Tribunale sono in casi particolari, ossia quando uno dei due genitori non sia ritenuto in grado di esercitare la responsabilità genitoriale.

In sede di separazione consensuale o divorzio congiunto, ad esempio, è possibile richiedere unicamente l’affido congiunto dei figli con residenza prevalente presso un genitore, dal momento che l’affido esclusivo può essere disposto dal Giudice solo nei procedimenti giudiziali in cui vi sia conflitto fra i genitori.

Chiarito quanto sopra, in tutti i casi di affido congiunto l’assegno unico spetta ai genitori nella misura del 50% ciascuno, indipendentemente dai tempi di permanenza presso uno dei due genitori.

Tuttavia, è sempre bene considerare tale assegno in sede di redazione di un accordo fra i genitori, infatti spesso si conviene che l’assegno unico venga percepito interamente dal genitore residente con i figli, a fronte di un assegno di mantenimento di importo adeguatamente ridotto.

Tale soluzione, inoltre, può risultare economicamente vantaggiosa qualora l’ISEE del genitore collocatario si riduca con l’uscita dal nucleo familiare dell’atro genitore.

Sul punto, è bene considerare che l’assegno unico viene corrisposto in misura piena fino alla maggiore età dei figli, in misura ridotta dai 18 ai 21 anni e cessa dopo i 21 anni, mentre l’assegno di mantenimento versato dal genitore non collocatario permane fino all’autosufficienza dei figli.

Se cerchi una consulenza in materia di separazioni, divorzi o diritto di famiglia, contatta l’avv. Andrea Dalle Carbonare di Schio (Vicenza) per farti consigliare al meglio e poter prendere le migliori decisioni.

Spetta al coniuge divorziato (ex moglie o ex marito) la pensione di reversibilità?

In tema di separazioni e divorzi, una delle domande più frequenti riguarda il diritto del coniuge divorziato a percepire la pensione di reversibilità in caso di morte dell’ex marito o dell’ex moglie.

Sul punto, la legge sulle separazioni e divorzi (https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2012/06/27/disciplina-dei-casi-di-scioglimento-del-matrimonio) prevede espressamente che possa essere riconosciuta la pensione di reversibilità all’ex coniuge superstite in presenza delle seguenti condizioni:

–       l’ex marito o ex moglie superstite deve essere ancora titolare dell’assegno divorzile al momento della morte dell’ex coniuge;

–       l’ ex coniuge non deve aver contratto nuove nozze;

–       il rapporto di lavoro grazie al quale era corrisposta la pensione all’ex marito o ex moglie deceduto deve essere precedente alla sentenza di divorzio.

Chiarito quanto sopra, occorre chiedersi cosa accada se l’ex coniuge deceduto abbia contratto un nuovo matrimonio dopo il divorzio.

In tal caso la legge prevede che la pensione di reversibilità vada ripartita fra il coniuge superstite e l’ex coniuge superstite in base a dei precisi criteri, ossia:

–       durata dei rispettivi matrimoni; 

–       durata delle rispettive convivenze prematrimoniali;

–       condizioni economiche del coniuge superstite e dell’ex coniuge superstite;

–       ammontare dell’assegno divorzile.

Per una disamina specifica del caso, l’avv. Andrea Dalle Carbonare con studio legale a Schio, Vicenza, è disponibile per qualsiasi consulenza in materia di separazioni, divorzi, diritto matrimoniale o diritto di famiglia.

A chi viene assegnata la casa coniugale in sede di separazione o divorzio ?

Un aspetto essenziale della separazione o del divorzio riguarda l’assegnazione della casa familiare ad uno dei due coniugi, il quale continua ad abitarvi con i figli.

Presupposto dell’assegnazione della casa coniugale è la presenza di figli minori o anche maggiorenni, ma non economicamente autosufficienti.

L’assegnazione in parola, infatti, può essere disposta anche nel caso in cui i genitori non siano sposati, ma convivano assieme ai figli.

Il Giudice, nell’assegnare la casa coniugale, tiene prioritariamente conto dell’interesse dei figli, pertanto può essere assegnata anche al genitore che non sia proprietario o comproprietario: questo significa che se la casa è stata acquistata dal solo coniuge non assegnatario con mutuo bancario, questi dovrà comunque continuare a pagare il mutuo pur non abitandovi. In tale ultimo specifico caso, tuttavia, il Giudice potrà disporre un assegno di mantenimento meno oneroso a carico del genitore proprietario della casa.

La Corte di Cassazione ha altresì affermato che possa essere assegnata al genitore collocatario dei figli la casa familiare di proprietà dei suoceri (o comunque di terze persone) concessa in comodato d’uso gratuito senza contratto scritto, fino a quando i figli saranno maggiorenni ed economicamente autosufficienti.

Nel caso in cui ciascun genitore chieda l’assegnazione della casa coniugale con collocazione dei figli presso di sé, il Giudice potrà sentire direttamente i figli al fine di valutare la scelta migliore per i medesimi: a tal fine, si ricorda che possono essere ascoltati i minori che abbiano compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se dotati di capacità di discernimento.

Ad ogni modo, in sede di separazione consensuale o divorzio congiunto, oppure in occasione della regolamentazione di affido e mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, è possibile trovare un accordo che possa andare incontro sia alle esigenze del figlio che di entrambi i genitori, prevedendo una diversa assegnazione della casa familiare.

Non esitate a contattare l’avv. Andrea Dalle Carbonare di Schio (Vicenza) al fine di sottoporgli la Vostra specifica situazione e farvi consigliare al meglio.

A quanto ammonta l’assegno di mantenimento per i figli in caso di separazione o divorzio?

Uno dei punti fondamentali che si deve determinare in sede di separazione o divorzio riguarda l’ammontare dell’assegno di mantenimento spettante ai figli minorenni o economicamente non autosufficienti dei coniugi.

A dire il vero, tale questione rileva anche se i genitori non sono sposati, dato che l’assegno può essere riconosciuto anche nel caso in cui cessi la convivenza fra i medesimi.

Prima di vedere quali sono i criteri necessari a determinare l’ammontare dell’assegno di mantenimento, occorre chiarire che i genitori possono liberamente stabilire, di comune accordo, l’ammontare dello stesso in sede di separazione consensuale o divorzio congiunto, nel qual caso il Giudice approverà la cifra così determinata se non è contraria agli interessi dei figli.

Viceversa, in sede di separazione o divorzio giudiziali, ciascuno dei genitori proporrà una cifra e il Giudice deciderà quella corretta, come per le altre questioni (affidamento, assegnazione casa coniugale, mantenimento coniuge, ecc.).

L’ammontare dell’assegno di mantenimento è determinato proporzionalmente al reddito di ciascun genitore e deve tener conto:

1) delle attuali esigenze del figlio;

2) del tenore di vita goduto dal figlio con i genitori;

3) dei tempi di permanenza presso ciascun genitore;

4) delle risorse economiche di entrambi i genitori;

5) dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. 

Chiarito quanto sopra, è ben possibile che due genitori con redditi sostanzialmente analoghi che tengono i figli secondo tempistiche equivalenti non si riconoscano alcun assegno di mantenimento: ciascuno dei genitori, infatti, mantiene i figli in via diretta quando questi si trovano dal medesimo.

Non è invece possibile, nemmeno in presenza di un genitore disoccupato, omettere  di prevedere l’assegno di mantenimento a favore del figlio minore che abbia residenza prevalente presso l’altro genitore.

In ogni caso, l’assegno di mantenimento copre solamente le spese ordinarie necessarie per il figlio, mentre vanno suddivise le spese straordinarie, che in determinati casi devono essere preventivamente concordate fra i genitori. Sul punto si invita a prendere visione del protocollo sulle spese straordinarie redatto dal Tribunale di Vicenza e consultabile al seguente link 

https://www.tribunale.vicenza.giustizia.it/FileTribunali/93/Sito/News/All.%20D)%20estratto%20spese%20non%20comprese%20nel%20mantenimento.pdf

Non esiti a contattare l’avv. Andrea Dalle Carbonare di Schio – Vicenza al fine di esporre la sua situazione personale e farsi consigliare al meglio.

E’ conveniente trasferire un immobile al coniuge in sede di separazione o divorzio?

Spesso, in sede di separazione o divorzio, sorge l’esigenza di trasferire, da parte di un coniuge all’altro, la propria quota di proprietà dell’abitazione familiare o di un altro immobile acquistato in comproprietà.

In tali ipotesi, è conveniente prevedere il trasferimento immobiliare all’interno del ricorso volto ad ottenere la separazione o il divorzio, posto che l’art. 19 della legge n. 74/1987 ha stabilito che tutti gli atti e documenti relativi a tali procedimenti “sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.

Al riguardo, si è discusso se si possa trascrivere direttamente il provvedimento giudiziale che dichiara la separazione o il divorzio, oppure se si debba passare per il notaio, infatti alcune sentenze della Corte di Cassazione hanno ritenuto che il notaio sia l’unico soggetto in grado di accertarsi della conformità catastale, della prestazione energetica e di ogni altra normativa specifica in materia di trasferimenti immobiliari.

La recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 21761 del 29.07.2021 ha risolto la questione stabilendo che sia possibile operare il trasferimento direttamente in sede di separazione o divorzio, comportando un notevole vantaggio in termini di costi e tempi per le parti, posto che, oltre all’imposta di registro, ipotecaria e catastale, non vi sarà nemmeno il costo dell’atto notarile.

L’avv, Andrea Dalle Carbonare con studio legale a Schio, Vicenza, ha svolto per anni anche gli studi notarili, pertanto è in grado di fornire assistenza completa in tale ambito. Non esitate a chiedere un preventivo gratuito.

Patrocinio a Spese dello Stato (c.d. patrocinio gratuito), condizioni e reddito massimo

Il patrocinio a spese dello Stato, conosciuto anche come patrocinio gratuito, rappresenta una forma di assistenza a favore delle persone meno abbienti che devono iniziare una causa o che vengono citate in giudizio da altri.

Attualmente, l’Erario garantisce il pagamento delle spese legali ai soggetti con un reddito annuo inferiore a € 12.838,01; ai fini del calcolo occorre far riferimento alla somma dei redditi dell’eventuale coniuge e dei conviventi facenti parte del nucleo familiare del richiedente, nonché alle altre somme percepite come assegno unico per i figli, reddito di cittadinanza, assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge o assegno di mantenimento per i figli.

I compensi e le spese spettanti all’avvocato vengono liquidati al termine della causa dal Giudice, dimezzati rispetto alle tariffe professionali, sul presupposto che la parte ammessa al patrocinio non abbia perso i requisiti al termine della causa.

L’avv. Andrea Dalle Carbonare con studio legale a Schio, Vicenza, è attualmente iscritto nelle liste degli avvocati che possono richiedere il patrocinio a spese dello Stato (c.d. patrocinio gratuito), perciò non esitare a contattarlo per avere informazioni in merito.

QUANTO COSTA L’ASSISTENZA DI UN AVVOCATO IN UNA CAUSA?

Dovete radicare una causa contro qualcuno oppure siete stati citati in giudizio da altri e la prima cosa che vi chiedete è quale possa essere il costo dell’assistenza di un avvocato.
Al riguardo bisogna innanzitutto precisare che i compensi degli avvocati vengono liquidati sulla base delle tariffe professionali allegate al D.M. n. 55/2014 e consultabili al seguente link:
https://www.altalex.com/documents/news/2014/04/10/parametri-forensi-la-nuove-tabelle#par2
Chiarito quanto sopra, è opportuno precisare che, in caso di assistenza giudiziale, la legge prevede il principio di soccombenza per le spese legali, ossia colui che perde la causa rimborsa all’altra parte quanto speso per l’avvocato secondo le suddette tariffe.
In altri termini, se la causa vi dovesse andare bene, non sopporterete il pagamento delle spese legali che vi verranno rimborsate da controparte, sia che abbiate iniziato voi la causa, sia che siate stati chiamati in giudizio da altri.
Dunque, nel caso in cui vi sia stato notificato un atto giudiziario, è importante che vi rechiate subito da un avvocato affinché possa analizzare la vostra strategia difensiva e cercare di vincere la causa ottenendo altresì il rimborso delle spese legali.
Se non vi costituite in giudizio assistiti da un avvocato, invece, il procedimento continuerà ugualmente nonostante la vostra assenza e, con tutta probabilità, vorrete condannati, dato che non ci sarà nessun avvocato che contesterà le affermazioni di controparte, che quindi verranno prese per vere dal giudice.
Non esitate a contattare l’avv. Andrea Dalle Carbonare per ottenere un preventivo gratuito, con la possibilità di ottenere, a seconda dei casi, determinati sconti rispetto alle tariffe forensi.

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA, COSA FARE?

Se venite fermati per guida in stato di ebbrezza è opportuno sapere cosa fare, sebbene gli agenti redigano subito un verbale in cui vi viene nominato un avvocato d’ufficio, qualora non avete nominato il vostro avvocato di fiducia.
Innanzitutto è opportuno chiarire una cosa: l’avvocato d’ufficio deve essere da voi pagato allo stesso modo dell’avvocato di fiducia, pertanto non confondete l’avvocato d’ufficio con il patrocinio a spese dello stato che è altra cosa (e fra l’altro si applica anche in caso di avvocato di fiducia).
Di conseguenza, consiglio sempre di scegliere accuratamente l’avvocato che dovrà occuparsi della vostra difesa, con cui concorderete anche un preventivo di spesa, cosa possibile anche nel caso in cui vi sia stato già nominato un avvocato d’ufficio (in tal caso la nomina dell’avvocato di fiducia contiene anche la revoca dell’incarico conferito ad altri avvocati).
Dunque, chiarito quanto sopra, è bene che contattiate subito il vostro avvocato in modo che possa procedere velocemente a scegliere la strada migliore per la vostra difesa.
Nella maggior parte dei casi, se non si è in presenza di particolari aggravanti, è possibile chiedere la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità presso un ente convenzionato con il Tribunale, con enormi vantaggi:
– ogni giorno di reclusione è convertito in due ore di lavori socialmente utili;
– ogni 250 euro di sanzione amministrativa sono convertiti in due ore di lavori socialmente utili;
– la patente vi verrà restituita nella metà del tempo;
– se vi è stata confiscata l’auto, questa vi verrà restituita.
E’ importantissimo, dunque, che prendiate immediatamente contatti con il vostro difensore, in modo che questi possa anticipare il decreto di condanna emesso dal Tribunale depositando subito una memoria con cui chiede al giudice di sostituire la pena con i lavori di pubblica utilità. In tal modo vengono ridotti i tempi di definizione del vostro procedimento.
In altri casi, tuttavia, non risulta possibile chiedere direttamente la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità (ad esempio perchè si è verificato un incidente stradale) ma è comunque possibile evitare la reclusione e la sanzione amministrativa in altro modo, ossia chiedendo la sospensione del procedimento penale con messa alla prova.
In ogni caso è necessario che l’avvocato esamini la vostra posizione per scegliere la difesa migliore.
L’avv. Andrea Dalle Carbonare garantisce assistenza in termini rapidi e tariffe concorrenziali, non esitate a contattarlo.

DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE: A COSA SERVE, COME SI FA E QUANTO COSTA?

Al decesso di una persona, la legge impone di presentare all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione (in passato si chiamava denuncia di successione) al fine di indicare l’esatta devoluzione di tutti i beni del defunto ed applicare le relative imposte.
La dichiarazione di successione rappresenta, dunque, un adempimento puramente fiscale e deve essere presentata entro il termine di un anno dalla data del decesso; oltre tale data può comunque essere presentata, ma si applicano delle sanzioni per il ritardo.
Quando si parla di imposte in tema di dichiarazione di successione, si deve fare una distinzione importante:
– le vere e proprie imposte di successione, che si pagano in percentuale sul valore di quanto ricevuto dal defunto;
– le imposte ipotecarie e catastali, che si pagano in percentuale sul valore catastale dei soli immobili caduti in successione.
Solitamente, nel 90% dei casi, si pagano soltanto le seconde, in quanto la legge prevede per ogni parente del defunto determinate “franchigie” al di sotto delle quali non si pagano imposte di successione: ad esempio, i figli e il coniuge non pagano imposte di successione nel caso in cui il valore della quota ereditata da ciascuno di essi sia inferiore ad un milione di euro.
Al riguardo, occorre ulteriormente precisare che il valore dei beni immobili che compongono le quote ereditarie non corrisponde al valore di mercato degli stessi, ma al valore catastale che solitamente è di molto inferiore.
Si comprende, dunque, come sia raro sforare tali alte franchigie.
Discorso diverso, invece, per l’imposta ipotecaria e catastale che si paga sempre sugli immobili di proprietà del de cuius, indipendentemente dal grado di parentela dell’erede: esse ammontano, complessivamente, al 3% del valore catastale dei beni immobili.
In tal caso, tuttavia, è possibile risparmiare cifre notevoli nel caso in cui anche soltanto uno degli eredi abbia i requisiti per chiedere l’agevolazione prima casa, dato che si pagheranno complessivamente 400 euro anziché il 3% di cui sopra.
Quanto ai risparmi in denaro del defunto, invece, se si è ad di sotto della franchigia non si pagheranno imposte di alcun tipo.
Una volta presentata la dichiarazione di successione, deve essere presentata in catasto la domanda di voltura relativa ai beni immobili, in modo da intestare gli stessi agli eredi.
I costi di ogni domanda di voltura ammontano ad euro 71, tuttavia ci sono casi in cui è possibile volturare più beni con un’unica domanda (ad esempio più immobili iscritti nel medesimo catasto fabbricati).
Quanto esposto serve per capire in cosa consista la dichiarazione di successione, tuttavia ogni singolo caso presenta specifiche complessità che vanno di volta in volta risolte in modo da evitare di pagare somme ulteriori a quelle dovute.
Per tali ragioni è indispensabile farsi seguire esclusivamente da professionisti che abbiano adeguate conoscenze giuridiche in ambito successorio.
L’avv. Andrea Dalle Carbonare cura personalmente l’intera successione, offrendo un servizio completo per dichiarazione di successione e relative volture al prezzo di euro 600 complessivi.

COME PIGNORARE I SOLDI DEL PROPRIO DEBITORE DIRETTAMENTE DAL CONTO CORRENTE?

Se stai cercando come pignorare i soldi di un tuo debitore direttamente dal suo conto corrente devi sapere che è stato recentemente introdotto l’art. 492-bis nel Codice di Procedura Civile, il quale prevede la possibilità per un creditore di essere autorizzati a ricercare i beni del proprio debitore mediante modalità telematiche.
In tal caso, l’Ufficiale Giudiziario acceda mediante collegamento telematico ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni (anagrafe tributaria e archivio dei rapporti finanziari) nonché in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre al pignoramento, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.
E’ quindi possibile sapere direttamente dal Tribunale presso quali banche il proprio debitore ha conti corrente, in modo da bloccare le eventuali somme ivi depositate per farsele assegnare in pagamento.
Le spese di tale procedura sono relativamente contenuti e garantiscono di conoscere la situazione finanziaria del soggetto che risulta debitore.
In alternativa, è possibile affidarsi a determinate agenzie di investigazione private che forniscono in breve tempo informazioni molto precise riguardo la situazione finanziaria di un soggetto; in tal caso i costi aumentano a seconda delle informazioni richieste.
L’avv. Andrea Dalle Carbonare di Schio – Vicenza svolge attività di recupero crediti per privati e aziende, pertanto potete contattare lo studio legale per avere gratuitamente un preventivo di spesa.